martedì 29 maggio 2012

"Cambiare per Fare"

Intervista rilasciata al quotidiano 'La Sicilia'

Ci sono segnali ben chiari che arrivano non tanto dalle recenti urne come tali quanto dalla gente e che ci dicono di come non sia più consentito ad alcuno pensare di risolvere le questioni mutando nome ad un partito oppure con altre amenità del genere che, sinceramente, interessano poco o nulla a chi fa fatica a sbarcare il lunario.Nonostante quattro anni in Parlamento, non sono riuscito ad abituarmi e non riesco ad accettare certe cose, al punto di sentirmi talvolta una sorta di ‘pesce fuor d’acqua’, scontrando la mia voglia di fare, la mia educazione e la mia formazione fondata sul pragmatismo, con alchimie e sistemi d’intervento che sono fatti di manfrine, meline, sotterfugi e che hanno completamente stancato il Paese reale!

Onorevole, traduca…

“La gente è incazzata. Questo ormai è chiaro; ce lo spiattella in faccia in ogni modo eppure molti di noi continuano a pensare e ad agire con metodi che sono sorpassati dal tempo e sconfitti dalla realtà e che già quando erano ‘in voga’, risultavano indigesti. Anche per me che pure faccio politica, che continuo a pensare che esistono presidi di democrazia inviolabili ma che non riesco più a difendere metodologie vecchie e stantie. C’è bisogno di dire molto meno e di fare molto di più, c'è bisogno di una classe dirigente che riesca a mettere ogni famiglia nelle condizioni di avere almeno un lavoro che gli consenta di vivere dignitosamente. Se poi penso, ad esempio, al sistema infrastrutturale di questo territorio, nessuna persona onesta intellettualmente può disconoscere che è stato fatto molto in quattro anni; ma non tutto, però. E questo è il dato di fatto. Non mi va di elencare i passi in avanti sul fronte della Ragusa-Catania piuttosto che della Siracusa-Gela o dell’aeroporto, perchè solo pronunciandole ho la nausea io, figuriamoci i cittadini. Fatto sta che però, sinora, non vediamo una ruspa nelle due strade e un aereo volare su Comiso”.

E allora?

“Allora questo significa che la politica dell’annuncio finisce nel cestino e si deve pensare ad essere efficienti, fattivi e dovremmo lavorare uniti verso l'obbiettivo superando coloriture e steccati politici.
Anche a costo di rompere! Cosa serve litigare per la politica ‘alta’, per governare il Paese se poi non si è in grado di far volare un aereo su di un aeroporto pronto? C’è disgusto verso il sistema, questo penso sia chiaro a tutti. La gente vuole vedere, capire e.. toccare con mano! Invece in molti pensano che sia facile imbonirla… Se continua questo andazzo, allora mi sento inadeguato a condividere il ‘sistema’. Guardo con grande attenzione ai fermenti, locali e non. Condividendone o non condividendone ideali e azione. Non preconcettualmente. Non mi chiudo dentro il recinto –peraltro sempre meno affollato- della sigla di partito come se fosse il rifugio di tutti i mali. Ma questo è un discorso che chiunque abbia voglia di tornare ad una politica vera e reale deve avere ben chiaro. Penso di avere idee molto nitide su ciò che è successo in quattro anni di politica italiana fatta di litigi, di solfe e di messinscene. E’ bastato dare uno sguardo dentro le urne delle scorse amministrative, per vedere che l’hanno capito anche gli Italiani. E quando in Sicilia va a votare nei ballottaggi meno della metà degli aventi diritto, questo vorrà pur dire qualcosa? Oppure anche questo è un dato ‘occasionale’?”

Perché il Pdl ha perso tutti questi consensi?

“L’area politica di cui poi io faccio parte, sa perfettamente che la maggior parte di quelli che non sono andati alle urne, l’hanno fatto perché mai avrebbero votato a sinistra ma non hanno voluto votare per noi. Perchè? Perché sono stanchi e disillusi; semplicemente hanno creduto in qualcosa che non siamo stati in grado di dare. Chiedersi il perchè della sconfitta, il perchè dell’astensionismo è dovere di chi è classe dirigente. Invece vedo che tutto questo non è ben evidente e chiaro e si cerca di spaccare il capello in quattro pur di trovare il positivo ‘particolare’ di fronte al disastro generale. Da noi come altrove. Perché ho sentito raccapriccianti commenti a questo voto dall’altra parte, laddove si è cercato di fare passare per vittoria quella che è invece una palese sconfitta della politica tutta e dei partiti. Al di là di ciò, si tratta di capire che dobbiamo cambiare registro per davvero. Dobbiamo tornare a parlare con la gente ma, soprattutto, dobbiamo ascoltarla. E’ un problema serio ed io me lo pongo come unico obiettivo. Se dove ‘abito’ adesso, questo sarà il ‘credo’ della nostra azione come auspico, allora bene. Ad altri sistemi, mi sentiró inadeguato”.

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